LA
MINACCIA ALL'ACQUIFERO DEL LUCO
La falda del Luco, insieme al Vivo d'Orcia, fornisce acqua potabile
a gran parte della provincia di Siena.
Il
valore fondamentale dell’acqua per la vita e per
l’uomo è indubbio (come più volte
ribadito anche nei numerosi documenti redatti dalle pubbliche
amministrazioni [20, 21, 22]), soprattutto in virtù della
generalizzata emergenza idrica legata ai mutamenti climatici
in atto, e all’aumentato fabbisogno per vari usi fra cui
quelli potabili ed agricoli.
L’area che ospita l’aeroporto di Ampugnano si
colloca immediatamente a ridosso dell’area di
affioramento dell’acquifero del Luco, considerato
uno dei più importanti serbatoi naturali di acqua della
Toscana meridionale [23, 24]. In idrogeologia,
il termine acquifero identifica un corpo roccioso capace di
contenere nella porosità, negli interstizi, nelle cavità
e nelle fratture una quantità utilizzabile di acqua.
La stessa Amministrazione Provinciale nel PTC (Piano Territoriale
di Coordinamento della Provincia di Siena) classifica il Luco
come acquifero strategico, proponendosi, testualmente,
di voler “tutelare gli acquiferi strategici, in ispecie
quelli dell’Amiata e della zona Monte Maggio - Montagnola
Senese, che racchiudono risorse idropotabili fondamentali
per la provincia di Siena […]” . Nell’area
interessata dal progetto di ampliamento dell’aeroporto,
alla falda acquifera del Luco si collegano, in modo complesso
e ancora non del tutto chiarito dagli studiosi, falde più
superficiali di fondamentale importanza anche per le attività
agricole. Poco più a sud, il Fiume Merse raccoglie
le acque superficiali e profonde provenienti dalla Piana di
Rosia.
Il progetto di ampliamento di Ampugnano è di fatto
assolutamente inconciliabile con gli obiettivi di
tutela che le pubbliche amministrazioni si propongono attraverso
i loro stessi documenti.
Le operazioni di esercizio di un aeroporto prevedono, ogni
anno, l’uso di migliai di litri di sostanze anticongelanti
per le piste e per gli aerei. Gli agenti chimici
impiegati, rappresentati prevalentemente da propilenglicole
ed etilenglicole, hanno elevata tossicità, e sono classificati
come contaminanti assai pericolosi per l’aria e l’acqua.
Ad essi vengono aggiunti vari additivi, alcuni dei quali possono
essere molto tossici seppur presenti in basse concentrazioni,
talora anche con effetti cancerogeni e teratogeni.
[25]
La
maggior parte degli anticongelanti impiegati in un aeroporto
si disperdono direttamente sulla pavimentazione dell’aeroporto.
Nonostante la presenza di sistemi per il recupero, riciclo
o trattamento di queste sostanze, una parte di esse
evapora o è presa in carico dalle acque piovane.
Alcuni costituenti sono degradabili, ma altri non lo sono
e possono andare a contaminare le acque di falda e superficiali,
con gravissime ripercussioni sulla vita acquatica (nel caso
specifico pensiamo alla strettissima vicinanza con il fiume
Merse), e anche sull’uomo che faccia uso di queste acque
per scopi idropotabili o per l’agricoltura.
Nelle normali operazioni di traffico di un aeroporto una
certa aliquota dei fluidi utilizzati non va a ricadere sulla
pavimentazione dell’aeroporto. Nel caso di anticongelanti
applicati agli aerei, circa il 15% si disperde nell’aria,
mentre il 5% si disperde al momento del decollo [25].
Gli anticongelanti, che aderiscono fortemente alle superfici,
rimangono facilmente sugli aerei per essere quindi rilasciati
in zone dell’aeroporto non strettamente connesse al
sistema di raccolta dei fluidi di scarico o durante il decollo.
A questo si aggiunge l’impatto ambientale di
fisiologiche ed inevitabili perdite di carburante ed oli minerali
per motori.
All’ampliamento in superficie dell’aeroporto
corrisponderà necessariamente uno scavo in profondità
(per esempio la messa in opera di una pista di spessore sufficiente
si stima intorno ai 3-4 metri - a supportare la pressione
di impatto di aerei più grandi in fase di atterraggio),
che potrebbe apportare pericolosi squilibri idrostatici per
gli importanti movimenti di terreno e per le necessità
di regimazione delle acque in una zona in cui la falda
è intercettabile a meno di 5 metri di profondità.
Studi idrogeologici specifici hanno evidenziato che la falda
acquifera del Luco è alimentata sostanzialmente
per infiltrazione di acqua piovana [26], ovvero l’acqua
penetra lentamente nel terreno dopo un ruscellamento superficiale
più o meno importante. Per questo tutto il
materiale combusto ed irrorato dagli aerei in varie forme
costituirebbe indubbiamente un grave fattore inquinante dell’acquifero
che affiora in aree limitrofe classificate a classe di Sensibilità
1 dal PTC provinciale.
Per queste aree, il PTC riporta: “Nelle aree sensibili
di classe 1, ove sono ricompresi gli acquiferi strategici
della provincia, […] i comuni assicurano vengano esclusi
qualsiasi uso od attività in grado di generare,
in maniera effettivamente significativa, l’infiltrazione
nelle falde di sostanze inquinanti oppure di diminuire –
ad esempio a causa di scavi, perforazioni o movimenti di terra
rilevanti – il tempo di percolazione delle acque dalla
superficie all’acquifero soggiacente”.
Ed inoltre: “Nei corpi idrici superficiali ricadenti
nelle aree sensibili di classe 1 o comunque ad esse connessi,
le caratteristiche qualitative delle acque devono rientrare,
in tutte le condizioni di portata, in quelle stabilite per
le acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile”
[27].
GLOSSARIO
Glicole etilenico – E' un composto
organico di struttura simile all’alcol. Usato prevalen-temente
come anticongelante è tossico per ingestione. I primi
sintomi di intossicazione sono simili a quelli di un'ubriacatura
da etanolo, confusione, difficoltà di parola, cattiva
coordinazione dei movimenti; col tempo l'organismo metabolizza
il glicole etilenico in acido ossalico che può provocare
un blocco renale. Una dose di circa 30 millilitri può
essere letale. I soggetti intossicati con glicole vengono
trattati con etanolo che compete con l'enzima che trasforma
il glicole in acido ossalico evitando la formazione di questa
sostanza tossica. Casi di adulterazioni di prodotti alimentari
con l'uso più o meno massiccio di glicole etilenico
si sono più volte ripetute: classico il caso di vino
adulterato con glicole etilenico.
Bibliografia
[20] Si veda il “Piano di tutela delle acque della Toscana”,
pubblicato dalla Regione Toscana nel 2004, in cui, a partire
dalla “Carta per il futuro dell’acqua, bene comune”,
è fatta una approfondita analisi per singoli bacini
e sono dettate le azioni da intraprendere per la conservazione,
la valorizzazione e la tutela qualitativa e quantitativa delle
risorse idriche esistenti;
[21] L.R. 1/2005 “Norme per il governo del territorio”,
in cui l’acqua è da subito definita risorsa essenziale
del territorio in quanto bene comune che costituisce patrimonio
della collettività, e della quale, pertanto, la Regione
Toscana promuove e garantisce la tutela;
[22] L.R. 29/2007 “Norme per l’emergenza idrica
per l’anno 2007”, in cui è dichiarato lo
stato di emergenza idrica idropotabile su tutto il territorio
della Regione Toscana per l’anno 2007, e sono elencate
disposizioni per le pubbliche amministrazioni volte a promuovere
la riduzione dei consumi, il risparmio idrico e la tutela
delle riserve idriche esistenti.
[23] P.Barazzuoli, M.Bertinelli, F.Capacci, B.Mocenni, R.Rigati,
M.Salleolini, F.Sandrelli, “Risorse idriche: valutazione,
fabbisogni e gestione”. Documento QGr1 SMaS –
Schema Metropolitano dell’area Senese. Sistema Informativo
Territoriale del Comune di Siena, Siena (2004).
[24] P.Barazzuoli, M.Bertinelli, F.Capacci, B.Mocenni, R.Rigati,
M.Salleolini, F.Sandrelli. Vulnerabilità degli acquiferi
all’inquinamento. Documento QGr2 SMaS – Schema
Metropolitano dell’area Senese. Sistema Informativo
Territoriale del Comune di Siena, Siena (2004).